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I VIDEO DI OTTO & TITO
I VIDEO DI OTTO & TITO


UN GIRO DI VALZER

una voce poco fa

oggi le comiche
FOTOREBUS MUSICALE
Otto & Tito sui loro Social vi propongono anche dei Foto-rebus musicali.
Guardate queste 4 immagini. Si riferiscono ad un'opera lirica, il cui titolo andrete a scoprire coordinando i soggetti delle foto, Dovete individuare anche il nome del compositore (la prima o ultima foto vi suggeriscono in particolare). Se non riuscite proprio cliccando sul primo bottone "aiuto" ascolterete un brano musicale che vi aiuterĆ . Cliccando sul bottone in fondo avrete la soluzione.




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Un pover'uomo (Quale titolo operistico?)
Se ti industri riuscirai
ma son certo gran ben guai
capir chi sta nel problema
che qui pongo senza tema.
Per i mari certo vaga
e la sete pronto appaga
ma d'amore e fratellanza
ĆØ la sua vera lagnanza.

Il prode (Nome di persona)
Toscanini ti ricorda;
personaggio di Bellini;
pure il re di Lancillotto
e un Honegger molto dotto.

Quale compositore?
La Maria ĆØ preferita
ve ne sono almeno quattro
scritte dal compositore
musicista di valore.
Gira il mondo in qua e lĆ
da Granada a SaardĆ m
sempre in cerca di beltĆ
nacque in nobile cittĆ .
āŖā«CHI SON? āŖā«
DUE PAZZI IN UNO
Otto & Tito vi invitano nel mondo magico delle dissertazioni serie ma non troppo su musica, teatro musicale e tutto quanto gira attorno e dentro essi. Con articoli, commenti, recensioni, foto, video, quiz e sondaggi. Cercate qui e ai vari indiirzzi citati nei Social evidenziati.

Testimonials
Dicono e spergiurano su di noi:

Quando ero quaggiù questo meraviglioso Sito non esisteva ancora. Ma ora che sono lassù e tutto vedo, vi raccomando di seguirlo perché è senza eguali! Anzi: ve lo ordino. Hojotoho! Hojotoho!
Herbert von Karajan

Io che non sono ancora lassù (per sfortuna vostra), ma ancora quaggiù debbo dire che amo tre cose: fabbricare profumi (e balocchi), tagliare il prosciuttino ma soprattutto seguire questo meraviglioso sito! Dirigere??? Noooo... Quello lo faccio a tempo perso...
Fabio Luisi

Che monnezza ce stà a giro! Nisciuno che sappia scrivere de musica come solo io e Otto con Tito sappiam fare! Che aggia a dì? Jatevenne vah!
Paolo Isotta

FISCHI & FIASCHI
IL NOSTRO NUOVO BLOG AGGIUNTO
Nel bel mezzo dellāestate, proprio il giorno di Ferragosto, proviamo a lanciare un nuovo luogo di commenti musical-teatrali. In esso pubblicheremo articoli brevi di 1770 battute, quindi 30 righe approx, eventualmente comparsi contestualmente pure altrove.
Saranno contraddistinti dalla malizia: considerazioni cattive a spettacoli pessimi, ma altresƬ note moleste (ma giustificate) a rappresentazioni approvate da una parte del pubblico, rispettando in tal caso e sia pure, il giudizio della massa. Ma anche riflessioni distruttive a recite e proposte ābuoneā che tali non sono, a giudizio di chi qui scrive e lo spiega beninteso.

Due nostri articoli eccellenti
Potete trovare tutti i nostri più recenti articoli nei post dei vari Social di cui all'intestazione del Sito (in particolare su tumblr e wordpress).

UN TEATRO DI PARTE?
15 ottobre 2018
Da sempre si discute se, per esempio, filosofia e scienza possano tra loro "dialogare", ed anche scienza e religione. Non meno ed altrettanto problematico il rapporto tra Arte (scrivo di proposito con la maiuscola) e un elemento "terreno" quale la politica. A scanso di innescare riflessioni a loro volta troppo "filosofiche", intenderò politica nel senso più comune, quella di tutti i giorni, senza per ciò togliere il valore intrinseco al termine.
Posso dunque realizzare un evento artistico, più specificamente musicale, in ossequio ad una determinata marcatura politica? Posso suonare una sinfonia in modo di "destra" o all'apposto di "sinistra", in barba-semmai fosse-a quanto di (eventualmente) ben già prefissato dall'autore esiste?
E posso-ancor più-inventare una messa in scena operistica (una regia cosiddetta) di un melodramma, dando colorazioni politiche, a favore o contro la realtà quotidiana ed anche a ritroso, retrodatando il pensiero del compositore, attualizzandolo o innovandolo a mia discrezione (arbitraria)?
Lo scorso gennaio al Teatro del Maggio musicale fiorentino ĆØ stata prodotta (e voluta fortemente) una discutissima Carmen per le smanie di Leo Muscato (che verrĆ riproposta sino alla decomposizione), con una inversione di ruoli assolutamente ridicola e manifestamente falsificante l'assunto musical-drammaturgico di Bizet, ove proprio la morte della protagonista ĆØ da essa stessa voluta come prova della sua volontĆ e forza contro il "maschilismo" (semmai fosse) di don Giuseppe. La ragione-per i produttori-era di manifestare contro il femminicidio.
Sempre a Firenze, a settembre la trilogia verdiana, con le bislacche ragioni, stavolta di Francesco Micheli, veniva pubblicizzata dal direttore musicale, Fabio Luisi con questa espressione, apparsa sulla stampa ("la Repubblica", 12 settembre): «Contro il disinteresse, l'ignoranza. Contro il trumpismo, il salvinismo, il populismo e il disprezzo del diverso».
Un famoso pedagogista marchigiano non penso proprio con idee di "destra", metteva in guardia dagli "ismi", laddove il suffisso medesimo, il suo uso ed ovviamente l'abuso, generava-a farla breve-un troppo facile utilizzo dello stesso.
Si potrebbe perciò dire-cavalcando il suddetto gusto e del tutto democraticamente affermando-che siamo stufi di questo "regismo", di questo "manierismo" (nella regia teatrale d'oggi), dell'opportunismo e del "bruttapieghismo" nell'invadenza del "Regietheater" (regietheaterismo) ed ovviamente-e peggio-in quelle prese per i fondelli al borghese gonzo, quelle per capirci di ambientare-ad esempio-i Maestri cantori davanti alle rovine della cattedrale di Dresda con i cantanti in neri cappotti in uso nel nazismo.
E stufi anche saremmo dei teatri e responsabili che fanno politica (e propaganda) nell'Arte e sull'Arte, dentro ad essa e contro essa.
Per par condicio almeno, speriamo che la prossima Cavalleria rusticana in scena a Firenze a febbraio, sia fascistissima, in riguardo del suo compositore.
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https://www.youtube.com/watch?v=fg1GIrXERes&t=9s
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Mozart? Secondario, copione, nazista.
23 febbraio 2017
SƬ, qui si parla proprio di Joannes Chrysostomus Wolfgangus Theophilus Mozart (Salisburgo, 27 gennaio 1756 ā Vienna, 5 dicembre 1791).
"Quello" che ha scritto nel campo della lirica «Don Giovanni» (la creazione innanzi alla quale Goethe si inchinava), «Le nozze di Figaro», «Il flauto magico» e... tutto il resto.
In un precedente «topic» si era parlato della libertà sconfinante nel vaniloquio da parte di certa critica mediocre e non, verso più che altro esecuzioni ed interpreti di malsicuro valore, per fini molto evidenti o nient'affatto.
Per completare o meglio ampliare il quadro può essere dilettevole notare come tale comportamento tocchi anche la «musicologia» togata (o meglio, presunta tale).
Ecco infatti che il 27 luglio 2016 è uscito il volume «La caduta degli Dei», degli egregi «professori» Bianchini-Trombetta.
Primo tomo di compulsiva volontà tesa a riscrivere a suon di «documenti probanti» la storia della musica.
C'ĆØ da che restar ammirati per la veemenza e la tenacia.
Non c'è invece bisogno di acquistare il libro e leggerselo, perché sono sufficienti le dichiarazioni pubbliche dei due Autori, dalle loro stesse labbra addirittura visibili on-line, e da qualche riflessione conseguente a farli cadere nel ridicolo, malgrado loro.
Ora non è che la scienza musicologica sia infallibile: di falsità , equivoci, giudizi affrettati se ne contano molti e proprio la storia della letteratura specifica sui più alti nomi della musica lo testimonia. Vi possono essere versioni e revisioni, tuttavia lo «stacco» temporale se non altro, rende sicure certe «conclusioni» critiche.
Il libro raccoglie i risultati dei nostri studi sulla musica del Settecento e su Mozart, autore venerato da oltre due secoli come un dio. Ci siamo interrogati sulle ragioni di quel culto, e abbiamo sfrondato le molte biografie dai luoghi comuni, come quello del genio di natura. Sino al secolo scorso la tendenza era quella di minimizzare le problematicitĆ , per non turbare l'immagine impressa nella mente del pubblico. Nel nostro lavoro, suddiviso in due parti, individuiamo alcuni punti contraddittori della sterminata bibliografia mozartiana, li verifichiamo e li analizziamo. Di ognuna delle quasi 2000 citazioni segnaliamo le fonti, per consentire al lettore la verifica. Da queste premesse ĆØ nata la presente biografia critica di Mozart, che risponde ai numerosi dubbi sollevati dai ricercatori.
(dalla presentazione del volume)
Letto così sembra tutto «corretto» nel senso di «lecito» l'indagine volta a riconsiderare il «mito», salvo poi discutere «i risultati» degli estensori.
Ma cosa «oppongono» gli esimi, musicologi, laureati con lode alla Scuola di Paleografia e Filologia Musicale di Cremona ci vien ricordato ad ogni piè sospinto, quasi a precisare che «i signori sì, che se ne intendono»?
Mozart? Musicista di second'ordine, copione e nazista (quando-vien spontaneo dirlo-la āmusicologiaā cialtrona cerca di ingannare i borghesi).
Un libro di due āmusicologiā valtellinesi, marito e moglie-lei dal significativo cognome da nubile che fa āTrombettaā-che rivela la veritĆ da sempre saputa ma negata dalla storiografia musicale colta, tedesca e falsificatrice...
Un libro che sarà piaciuto a Riccardo Muti visto ha voluto sempre valorizzare le italiche forze nascoste, di cui Mozart ed altri si sarebbero furbescamente appropriati (gli autori hanno fatto parte del comitato scientifico per i 200 anni di Paisiello, con la supervisione del maestro napoletano [Muti]). Un libro dove le ovvietà (come quella dei "prestiti", dei "plagi" usi e normali nel Settecento) sembrano esser la costante da parte dei due scrittori; così le notazioni sociali, storico-politiche coeve e poi.
Nella intervista-presentazione tuttora on line, sotto il patronato di una oscura emittente locale e di una direttrice-conduttrice a dir poco risibile, si ammira la ciabattaggine dei due Autori, coi loro luoghi comuni per fare audience e menar il naso i creduloni.
Ne conseguirebbe che dopo Mozart nazi, scopriremo Sostakovich stalinista, Beethoven anarchico, Ciaikovskiij zarista, Sibelius fascista, Mascagni peggio che mai, Ravel finocchio, Schubert sifilitico, Orff nazista verace, Puccini monarchico, Davis brutto sporco negro, Hindemith maiale...
Al rogo, al rogo!
Qualche passo [in un link sotto un estratto video dall'integrale]:
(...) Mozart è stato un compositore bravo, nessuno nega le qualità musicali che può avere un compositore, però il problema è che è stato poi manovrato dalla politica nel corso degli anni... Quindi si sono inventati aneddoti, si sono inventati miti, e nel periodo nazista questo ha preso ancora più corpo e più peso...
(...)
Era un bravo improvvisatore ma tante idee che noi abbiamo di Mozart capace di leggere a prima vista in assoluto, genio di natura, sono tutte completamente manovrate...
(...)
Si è creata l'illusione di una Scuola austriaca, asburgica diciamo... una Scuola dal niente, dal niente... Una Scuola riconosciuta a posteriori ma che non era una Scuola, perché hanno cercato di mettere assieme queste tre figure (Hadyn, Mozart, Beethoven) che non avevano neanche vissuto a Vienna, più di tanto... Però il lavoro soprattutto degli scrittori dell'800 è stato quello di far vedere le affinità , il collegamento, di queste tre importanti musicisti...
(...)
(intervistatrice): In realtĆ Mozart ĆØ diventato un musicista di grandezza mondiale...
(la Prof.): Questo ĆØ dovuto soprattutto agli studi che son stati fatti dall'800 poi sino all'epoca del nazionalsocialismo... Mozart-non si sa-[ma] ĆØ stato insignito del titolo di "nazista onorario"... Al pari di Wagner... Quindi ĆØ diventato una figura culturale, musicale di riferimento, anche per i nazisti...
(...)
L'interesse per Mozart è nato anche e si è diffuso maggiormente soprattutto nel periodo nazista... Perché Mozart era considerato un eroe della musica tedesca...
(...)
(intervistatrice): Non era il compositore universale che la storia ci ha proposto...
(la Prof.): Secondo noi no... Non è... Era un bravo compositore ma non il genio assoluto... il talento innato... Perché non crediamo assolutamente ci sia il genio di natura...
Questo "genio" universalmente riconosciuto noi non l'abbiamo trovato... Noi abbiamo trovato un uomo che ha fatto fatica anche in vita ad essere apprezzato...
(...)
(intervistatrice): Come hanno reagito gli appassionati del "presunto" talento austriaco?
(segue risposta con divagazioni, poi il Prof. dice): Mozart ĆØ un camaleonte... Lui si maschera dietro tante musiche diverse [intende altrui, plagiate, copiate]...
(...)
Nell'800 il classicismo viennese non esiste... E' una cosa inventata di sana pianta per mettere in piedi i musicisti tedeschi... soprattutto nel periodo dei nazisti... La TrinitĆ ... Haydn, il padre, il figlio fanciullo, Mozart... lo Spirito, Beethoven... Esseri messi come divinitĆ in una teca...
(...)
Mozart non ha frequentato nessuna scuola, neanche una scuola elementare... Neanche una scuola che lo potesse formare nelle scienze umane... Non c'ĆØ stato nulla. Ed anche da parte musicale c'era stato solo il lavoro del padre [e Leopold non aveva studiato da nessuna parte]. Ma non aveva [Wolfgang] avuto maestri... Padre Martini non ĆØ stato suo maestro... Quindi chi ha formato questo compositore? In un conservatorio non c'ĆØ andato... Come si ĆØ formato? E' venuto dal nulla? La [sua] musica ĆØ bella, certo. Ma lui come ha fatto a comporla se non ha avuto una formazione adeguata?
Certo. Documenti alla mano, «pignoleggia» il professor Bianchini, come se non si sapesse da sempre che ai «documenti» si possono far dire anche ciò che essi «non dicono» per esempio.
Il Bianchini non ha paura forte della sua cultura specialistica, ma che [si veda nella clip] in calà ta del luogo di residenza parla della «pulizia» riferendosi alla «polizia», a smontare tutta la storiografia musicale e si vorrebbe sapere «perché».
Al libro suo e della di lui consorte danno appoggio e consenso alcuni e veniamo informati nel sito degli Autori che il libro āMozart La caduta degli deiā ĆØ stato adottato nel secondo corso del Triennio di Storia della Musica tenuto dal Professor Daniele Fusi allāISSM di Siena... Gli studenti seguono anche le registrazioni di Radio Vaticana con intervista di Luigi Picardi e utilizzano la nuova biografia di Mozart come libro di riferimento...
Il ciclo di undici puntate per Radio Vaticana sul loro libro Ā«Mozart la caduta degli dei e sul cosiddetto āclassicismo vienneseāĀ», ĆØ andato in onda ogni domenica fino a fine novembre 2016 ed il 26 ottobre 2016 sono stati invitati a Roma alla Camera dei Deputati come relatori per presentare il loro libro su Teresina Tua Quadrio [celebre violinista dell'Ottocento, ndr].
Il tutto (ma si potrebbe aggiungere) a far vedere come l'arroganza culturale si nasconda sotto molte vesti, e che sia bene vigilare di testa propria, ben attenti a quello che circola e viene presentato e proposto come verità e certezza, tanto più nel campo così «ambiguo» dell'Arte.
IL VIDEO (estratto dall'integrale pubblica su Internet)
https://drive.google.com/file/d/0B_WfN4 ... sp=sharing

IĀ NOSTRI ULTIMI ARTICOLI
Qui vengono riportati sempre alcuni dei nostri ultimi articoli comparsi neiĀ Social.
LāInno di Mameli (Novaro) allāopera (Fratelli diĀ taglia)
9 dicembre 2018
Siccome non sembra che lā āAttilaā scaligero abbia destato grandissimi consensi una volta dato e visto malgrado le attese, sarĆ possibile parlare della parte migliore dello spettacolo-relativamente la prima, che però crea un argomento-come si vede-di bel suo proprio.
Parrebbe comunque che la parola ricorrente presso il pubblico perlomeno televisivo dellāinaugurazione, sia stata ānoiaā. Eā strano che in ciò concordino tanto gli appassionati conservatori quanto quelli progressisti, perchĆ© Davide Livermore ĆØ un interessato āverdianoā, non meno se non più dei vari Vick e Michieletto e se la sua regia di questo āAttilaā contiene immagini teutoniche da āCaduta degli deiā di Visconti e accessori, non ĆØ poi tanto peggio di molte altre dei colleghi in voga.
Che sia-il Livermore-come Verdi Giuseppe, un āliberale di destraā [*], dalla parte del popolo contadino e lavoratore, ma padre-padrone che contava alla finestra di SantāAgata, i sacchi col raccolto dando il plĆ cet al contadino servo?
La sezione più interessante dello spettacolo milanese può essere ritrovata entro la clip sotto che proponiamo (durata 7 minuti e 25 secondi; vale forse la pena). Si tratta del nostro povero Inno nazionale conosciuto dai più come ādi Mameliā anche se la musica-che ĆØ il vero punto del contendere (il bruttume o il lascia stare, tanto ĆØ cosƬ)-ĆØ opera di Michele Novaro.
Le vicende della genesi e del suo tormentatissimo destino nel tempo dal 1847 ad oggi quando-finalmente o purtroppo-fu stabilito per Legge come definitivo, (nĀŗ 181 del 4 dicembre 2017), sono rintracciabili su Wikipedia alla voce āIl canto degli Italianiā e meritano di essere lette (se ne occupò anche una puntata del programma televisivo āIl tempo e la storiaā), specie per la parte āodiernaā.
NĆ© āLa leggenda del Piaveā, nĆ© āVa pensieroā e tantomeno āLāinno di Garibaldiā (che piaceva a Toscanini come noto) son riusciti a spuntarla, nĆ© gli opposti pareri di illustri come Craxi, Bossi, Buttiglione (a sfavore e per un cambio) cosƬ come Luciano Berio (lo scrittore Antonio Spinosa giudicò addirittura lā āInno di Mameliā come troppo maschilista), mentre il presidente Ciampi si adoperò per la sua conferma e stabilitĆ con-ad esempio-la valutazione tuttāaltro che negativa, sotto un profilo strettamente musicale, di Roman Vlad.
Da oltre un decennio-infaticabilmente per ogni dove, comprese le tv pubbliche e private-con una compulsivitĆ quasi patologica-Michele DāAndrea-specialista di Comunicazione istituzionale e quantāaltro-si affanna a provare la nobiltĆ del pezzo di Mameli-Novaro, ascrivendolo ai più immortali Inni nazionali del mondo, con peregrine motivazioni musicali e funzionali, giustificando le ovvie e fisiologiche ābanalitĆ ā di uno dei tanti canti dellāepoca, in tempo di 4/4, oltre il risibile [**].
Per il DāAndrea il brano ĆØ senza mezzi termini āuno degli inni nazionali più interessanti al mondoā e sottolinea ādal punto di vista musicaleā (non, si badi, del testo, che ĆØ-dice egli in sostanza-banalotto).
La colpa della cattiva fama sarebbe dovuta alle ācattive esecuzioniā che del brano son state offerte.
Parla di ādinamismo, fluiditĆ , possanza, maestositĆ ā dello spartito originale e ci tiene a rimarcare che non si tratta di una āmarciaā, una āmarcettaā e che esso vien dritto dritto dallāesperienza operistica coeva, anzi trattasi di āun momento di opera liricaā. [***]
Quello che appare-prosegue ad oltranza lo specialista-come āingessamentoā ĆØ ādovuto (purtroppo, specifica) ad un cerimoniale militareā, che obbliga a far marciare soldati, bandiera e alfiere in testa (proviamo con un tango?). Ma le cose non stanno cosƬ, sentenzia. Inoltre, secondo il DāAndrea, il brano āĆØ lāunico al mondo in cui ad agire ci sono due protagonistiā (sarebbero lāannunciatore e il coro-popolo).
Ne consegue tutto sommato che secondo il difensore dāufficio predetto āLa Marsiglieseā e lāInno ex-sovietico (ora russo) su musica di Aleksandr VasilāeviÄ Aleksandrov, non abbiano grinta, bellezza e siano poco funzionali (anche) nelle parate (su cosa sfilino i soldati francesi e russi, non si saprebbe).
Per la serie (come si dice) se ne sentono e leggono sempre di eccellenti: basta crederci.
Eppure-pur con tutti i limiti, i āseā e i āmaā-il pezzo che ritualmente si sente anche in teatro dāopera, oltre che in tutte le altre ovvie ricorrenze e consuetudini-ha una variegata possibilitĆ esecutiva e di impatto, come le sei āeccellentiā prove testimoniano sotto.
Nella clip sono riprodotte le esecuzioni-interpretazioni di Chailly (2018), Muti (anno verdiano), Abbado (Roma 2001), Karajan (1972), Toscanini (1943-4, in āInno delle nazioniā di Verdi, 1862), Allevi (2011).
ā
[*] Giuseppe Verdi, Autobiografia dalle lettere, p.162, BUR, 1951 (nota)
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[**] https://www.youtube.com/watch?v=yd_BfDA7Ms0
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[***] Le prime critiche al āCanto degli Italianiā furono rivolte da Giuseppe Mazzini. In particolare, il patriota genovese considerava la musica del āCanto degli Italianiā troppo poco marziale. Mazzini, che contestava anche il testo, commissionò nel 1848 un nuovo brano a Mameli, dando lāincarico a Verdi di musicarlo, il cui titolo era āSuona la trombaā (in āWikipediaā vedi sopra).
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https://www.dropbox.com/s/i1y0bt2qsrfyujx/fratelli%20di%20taglia%20prog%20rif.mp4?dl=0
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Tutti pazzi per Maā¦scagni (Cavalleria rusticana al teatro delĀ Maggio)
5 febbraio 2019
Hai voglia a fare Olandesi e Villi a Firenze. Qui van tutti pazzi per lui, il nostro Pietrone nazionale, quello che nella bellissima fotografia del Luce, sta con il Duce, in un magnifico frack da cerimonia, dieci volte più elegante ed elegantemente del Capo del Fascismo, bisogna ammetterlo.
Delle quattro recite previste dal 12 febbraio, unitamente lāoperetta di Jacques Offenbach, āUn mari Ć la porteā, auspice-come direbbe e dirĆ il solito giornalista del TG3Toscana-lo āspecialistaā Valerio Galli (specialista in Puccini e dintorni), una-la domenicale-del 17 ĆØ esaurita, le altre quasi. Teatro-il nuovo Comunale (che non ci senta Chiarot chiamarlo cosƬ!)-da 1800 posti.
La matematica non ĆØ unāopinione, quindi faranno settemiladuecento frenetiche persone che applaudiranno allāopera del Livornese.
Unāopinione invece che Mascagni sia un grande musicista della Storia, anche se un critico del Web come la nota Roberta Pedrotti, lo ha definito a suo tempo (malgrado abbia negato lāaffermazione che pur resta nel mare magnum informatico, andate a cercarla, la troverete), un anticipatore di Britten oppure-tiĆØ!-che lāInglese si sia ispirato, quando e come lo sa la Pedrotti, a Lui (Mascagni, non il Duce!).
Una certezza che Mascagni āal crollo del Regime, nel 1943, avesse ricevuto dai Ā«fondi segretiĀ» di Mussolini, 1.290.000 lire: per lāepoca, un somma enormeā [se calcoliamo giusto-ndr-in euro odierni fanno 428.571,72].
Alessandro Zignani nel suo āLa storia negata. Musica e musicisti nellāera fascistaā (Zecchini editore, 2016, pagg. 45-46), prosegue: āIl satrapo della musica soggiornava in un Grand Hotel romano, disseminando sospetti e attizzando zizzanie tra i colleghi dotati di una faccia meno bronzea.
Anche se la morte di Turiddu aveva, in parte, ucciso anche la sua fama, lāelevazione di Ā«CavalleriaĀ»al rango di mito del Mediterraneo, sƬ aspro eppur vitale, gli proteggeva le spalleā.
Lasciando agli altri il piacere di andare, ascoltare, giudicare e scrivere qui dello spettacolo. Come dicevano due famosi comici televisivi, noi no, noi, no.
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āhttps://www.maggiofiorentino.com/events/dittico-cavalleria-rusticana-un-mari-a-la-porte/
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LA FOTO DI MUSSOLINI E MASCAGNI IN FRACK PUO' ESSERE RINTRACCIATA POCO SOPRA NELLA SEZIONE "DUE NOSTRI ARTICOLI ECCELLENTI"

O Mascherello caro⦠(Una notte allāOpera [di Firenze])
18 gennaio 2019
UNA LETTERA

Caro Mascherello,
dai ricciuti ma corti capelli neri, piccoletto ma proporzionato, che sembri un folletto uscito dal āSognoā shakesperiano e ti aggiri ovunque per il Teatro del Maggio, onnipresente, sembri giù in platea, ma poi salgo le scale e ti trovo alle Gallerie, sei a spiccare i biglietti al lato destro ma poi eccoti a quello sinistro. Mah!
Sono il tuo prediletto, quello a cui vanno tutte le tue attenzioni ācome da Regolamentoā Era Chiarot, pagina 128 programmone generale.
SƬ, lo so che hai occhi pure per gli altri-sei noto-non aspiro allāesclusiva e non sono geloso!
Tu o giovine 25enne vorresti che il pubblico (fiorentino per di più) dāoggi si comportasse come quello di quando io avevo la tua vezzosa etĆ e mai si sarebbe tolto-per esempio-la giacca alla Scala, per il caldo di giugno, restando in maniche di immacolata camicia benissimo stirata dalla mamma e papillon, chĆ© dopo 3 minuti diconsi tre, la maschera del piano, sarebbe entrata a fartela rimettere tosto, inviata dal sovrintendente che-dal proprio palco di proscenio-scrutava cosa stava mai accadendo dallāaltro lato della sala (ed era pure un socialista!).
Caro Mascherello, devi sapere che frequento le sale dāopera e concerto, i suoi usi (ed abusi) nonchĆ© costumi quando non solo tu non eri ancora nato, ma quando i tuoi genitori dodicenni immagino assistevano alla prima edizione di āDomenica inā con Corrado. Ma ho cominciato prestissimo debbo aggiungere.
Tante son state le occasioni di randevù (sic come poi) tra noi! Come quellāunica volta in vita mia che-sƬ ammetto-entrai in platea con una bottiglietta di plastica mezzo bevuta (al bar ormai quella ti rifilano e consentono, mica come ai nostri tempi quando Abbado univa due lunghi atti del Don Carlos e aspettavi lāultimo accordo del finale parte prima, per correre al bar e non dover far fila, reclamando allora sƬ, il bicchierone di pompelmo: āmāardon le fauci!ā).
E dunque mi riprendesti che in sala non erano ammesse le bottigliette (āeh eh eh, Signore⦠Non si puòā¦ā).
Nel frattempo le cose si sono evolute e mi aspetto (a Firenze sāintende) che girino bottiglie e fiaschi (oltre che fischi) di Chianti.
Sempre in merito le famigerate bottigliette di cui sopra, altra volta, mi vedesti con un amico compagno di serata (ma forse ti ingelosisti, son spesso solo) che per lo stesso motivo vedi sopra portava una bottiglietta. Lāosservazione fu che āsi poteva portare la bottiglietta ma non bereā o-adesso non ricordo-āsi poteva bere ma non portare la bottigliettaā, qualcosa del genere insomma.
I cellulari nel frattempo NON vengono spenti ed illuminano come nemmeno i più grossi riflettori in dotazione al parco luci del Teatro potrebbero (faremo la prossima regia con quelli, cosƬ si risparmia); ovviamente attaccano la propria suoneria appena Muti-tornato dopo anni-dĆ il segnale di inizio della Sinfonia del āTellā, con un sincronismo che a farlo apposta non si riuscirebbe.
In Teatro occorrerebbe il silenzio tombale, ma qualche colpo di tosse ci scappa alle volte-sai bel Mascherello?-perchĆ© il riscaldamento-umidificazione non son ben regolati. Uno prova a non tossire, aspetta arrivi un fortissimo, ma accidenti stanno suonando il āCigno di Tuonelaā hai voglia ed ĆØ peggio allora, hai contrazioni e spasimi.
Menomale arrivi tu e ti preoccupi (come ĆØ accaduto a me-lo ricordi vero?) dello stato di salute mio. Se devi chiamare il medico di servizio ma per lāamor del Cielo, comunque tossisca fuori e stia male fuori (non lo dici ma il senso ĆØ questo).
Il pubblico entra in Teatro nel freddo inverno come nemmeno lo zar Boris faceva a Mosca e gli ĆØ permessissimo oppure tra qualche mese con le ciabatte (senza o-meglio-con calzini corti che fa più fine vero?), in questāultimo caso (ovverosia dāestate) i guardaroba sono parzialmente chiusi.
E non dimentichiamo le caramelle scartate al āppppppā del finale della Patetica di Ciaikovskij.
Ieri sera, ultima dellā āOlandese volanteā, stavo in gallerƬa, ultime file, prima poltrona, quella quasi attaccata alla parete, fila totalmente vuota, come quelle dietro e anche davanti mica tanto. Per la lontananza e mirare Re Luisi XIV che dirigeva con foga lāOuverture, mi sono messo in piedi con il mio binocolo da teatro, avendo ben bene controllato che per quei dieci minuti (mica volevo stare sino alla fine in piedi sai?) non dessi fastidio a chi stava dietro.
Impossibile: non cāera nĆ© spazio, nĆ© alcuno.
Ma sei arrivato tu-caro Mascherello-e i tuoi ricciolini e piegandoti, sottovoce hai sussurrato al mio orecchio con una dolcezza infinita: āScusi, signore, non pensa che starebbe molto più comodo seduto? eh eh eh?ā.
Sei il diavolo. La Paola Calvetti a suo tempo deve averti reclutato per queste sottili doti diplomatiche e ammirevoli perifrasi che sai fare.
Ho pensato a qualche tua forma di nevrosi (i giovani lo son tutti, per un nonnulla chiamano la mamma), ma mi son anche detto-avendo studiato un poā psicologia-che tu mi stia facendo il cosiddetto āfiloā; ĆØ vero che son vecchietto ma mi difendo ancor bene ed ho un fascino al limòn delli caraƬbi, e non cāĆØ nulla di male, ma se vuoi un altro più mirato randevù, dai, dillo esplicito (questi giovani dāoggi!).
E poi-caro Mascherello-sapessi i tuoi colleghi, quelli della platea (parlo di ier sera sempre), dove mi son infilato dopo lāunico intervallo dato cāera posto e come fan tutti, ultima fila. Poveracci, lƬ a controllare due-tre fila di ragazzotti liceali mandati allo sbaraglio, che oltre ai cappottini e piumini, sgargarozzavano dalle maledette bottigliette che si passavan lāun lāaltro. Poi attaccava la lunga seconda parte dellāopera e invero ti aspettavi chissĆ che casino. Invece no, nulla. Dopo poco li ho visti tutti tutti dormire, tempia contro tempia, da bravi compagni, una scena alla Bambi disneyana.
Lāopera ai giovani, per tirarli su, sani e forti, con le giuste idee e abitudini: la musica si impara cosƬ, mandando i ragazzi a teatro, per bacco! Siamo salvi, W lāItalia e che Muti ci protegga.
Ma deliziosa ĆØ stata la fanciulla che stava davanti a me sulla sinistra.Si era verso la fine del II atto. Le donne si sa-biologicamente-hanno sempre freddo. CosƬ mentre il suo principale interesse non era per nulla rivolto alla scena, tanto meno alla musica, come una gattina, si toccava e lisciava i lunghi biondi capelli. Poi si ĆØ infilata il soprabito, il cappelluccio di lana, i guanti e dopo ancora (mancavano 60 secondi alla chiusa dāatto II) ha chiesto alla maschera tuo collega, sottovoce ed implorante: āPer favore posso andarmene???ā. CosƬ fu fatto.
Li avran mandati tutti perchĆ© il terzo atto della regia fa tanto āSignore degli anelliā con il dark-punk-bim-bum-bam, ma quello accade dopo due ore di spettacoloā¦
Tu mi dirai-ma lāopera lāhai seguita, tanto eri attento a tutto questo? Certo, io son di unāaltra generazione faccio due-tre cose assieme. E poi cāera Re Luisi da festeggiare!
Insomma-mio caro Mascherello-le cose stanno cosƬ epperò debbo ringraziarti. Stavo per fiondarmi allāintervallo dal vostro capo o dal direttore di sala, non ho visto se cāera Chiarot o Conte, altri sƬ, e dire che un poā di coerenza andrebbe applicata. Ma mi hai offerto materia per un piccolo pezzo di colore.
Che se poi-qualcuno del Teatro lo leggesse e facesse girare nelle alte e basse sfere-avrò ottenuto qualcosa.
Cielo! Mi salterai addosso nuovamente, magari domani sera allo Stabat Mater di Dvorak!
Ma guarda che quella è musica sacra, particolare oltretutto perché Dvorak scrive pezzi di quel repertorio con una mano tutta speciale, drammatica ma sempre luminosa e lucente, mai triste e sconsolata.
Ora-caro Mascherello mio-ti saluto e ti auguro di riuscire nelle tue donchisciottesche imprese, chĆ© il pubblico di quel Teatro, tanto ti offre per le sculacciate, non hai che lāimbarazzo della scelta!
Il tuo non proprio vecchietto, fedele e sano di mente.
Lorenzo Viotti nuovo direttore al Maggio? (Domani accadrĆ )
5 marzo 2019
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Magari! E magari nel suo disegno interiore Cristiano Chiarot potrebbe aver in animo-tra circa quattro anni, allo scadere del periodo quaresimale imposto dalla esistenza di re Luisi XIV-di indicare l'attuale giovanissmo Viotti (1990), figlio d'arte come si sa (Marcello, prematuramente scomparso), quale nuovo e migliore responsabile della realtĆ fiorentina.
Non sappiamo tante cose. Certo l'etĆ sarebbe giusta a quel momento, gli anni di Cristo e una memoria ai fasti del fu giovane Muti (1969) in quel della cittĆ medicea, ma pure all'anch'egli giovane Abbado in Scala (1968, 35 anni).
Di quest'ultimo illustre nome, Lorenzo Viotti, possiede al vero una gestualità molto prossima che però è egualmente presente in un altro grande della generazione antica, Bernstein, a cui-nel ciuffo che lo caratterizza e ad una certa avvenenza-può apparentarsi.
Anche se far tali nomi potrebbe risultare "sconveniente" ed inopportuno, l'abbiamo osservato da vicino ier sera a Firenze e se del primo possiede verosimilmente una tecnica molto disciplinata, precisa, accurata, del secondo ha una certa estrositĆ e calore, una comunicativa assai evidente se-tanto la stessa orchestra del Maggio-quanto il pubblico presente-hanno tributato ampi consensi e apprezzamenti non comuni per un ventottenne.
Non sappiamo se i tempi non poi così lontanissimi saranno a lui favorevoli, con le sorprese del mondo italico nella cultura e nella politica. Non sappiamo nemmeno se Viotti-attualmente tanto promettente e sulla strada del consolidamento-sia destinato invece ed ahimè ad una parabola discendente e divenire invece più semplicemente un altro kapellmeister. Anche la fortuna ha gioco.
Non sappiamo soprattutto quanta gola faccia (e farebbe a lui a quel tempo) il seggio fiorentino, dove sinfonica e lirica (che pure Viotti ha realizzato ed ancora produce) debbono essere concretati e gestiti. Per Muti fu un trampolino di lancio e gli anni che ha sulle spalle Viotti sono e sarebbero sempre pochi e adeguatamente tali.
Ma le magnifiche impressioni del suo primo concerto a Firenze (maggio 2018, Webern e Rachmaninov) e l'eccellente Bartok, quanto teso Dvorak del ritorno, sono a suo favore.
Quando una buona orchestra-come quella del Maggio-suona con accuratezza, bell'insieme e particolari, non sempre è facile dare (e giusto) il merito al direttore, che magìe non ne può fare se il corno spernacchia o il violino non è intonato.
Pure il risultato in un'opera così densa quale il Concerto per orchestra BB 123 del maestro ungherese, con le sue architetture novecentesche ma con rinvii quanto meno neo-classici e anche anteriori, i colori tipici in Bartok e della sua tavolozza strumentale, vi è stato.
Altrettanto (ed anche più, per la lezione viottiana) nel capolavoro di Dvorak, quella brahmsiana sua settima sinfonia, che però ha una scioltezza, un dinamismo ed una verve sconosciuti all'Amburghese, probabilmente il capolavoro (nell'ambito delle sinfonie sue) del compositore ceco.
Lorenzo Viotti vi si tuffa a piene mani, canta con l'orchestra ed il suo gesto è ampio, flessuoso ma pulito e senza eccessi, la postura è quella vecchio stile, il tronco, braccia, mani ìndicano e dispongono, ma le gambe sono ferme e senza agitazioni molto in voga tra i giovani direttori.
Il quarto movimento è la parte più impressionante e dimostrativa delle sue qualità e capacità , le ultime battute ("Molto maestoso" ff) con i celebri accordi "fz" a sigillo della partitura, vigorosi e magnetici.
Vi è una linea interpretativa ed esecutiva della "Settima" che realizza la pagina quasi cameristicamente; Viotti invece propone sempre e poi, proprio nel finale, la variante drammatica, con spinta del suono e della materia, in un effetto va detto travolgente (il crescendo-non scritto ma ìnsito-alla penultima battuta). Ed il successo è pieno. La formazione lo applaude, egli indica le parti tutte e le sezioni nelle quattro chiamate (l'ultima imposta e riservata dal primo violino per il direttore), i "bravo" dalla sala giungono ripetuti e sonori.
E il direttore ringrazia, alla vecchia maniera, mano sul cuore, inchino misurato, con le sue scarpe enormi (44/45?), in tela (?), dalla vistosa suola gommata bianca che scandalizzano una signora nell'intervallo, una giacca doppio petto che tira un po' troppo, il collo dell'immacolata camicia che stantuffa un tantino ed un saluto con la mano sinistra alle gallerie.
Domani accadrĆ .
https://www.maggiofiorentino.com/events ... -viotti-3/


I suoni di Milleunanota
Meraviglia musicale

Muti, pizze e panzerotti (pugliesi)
19 aprile 2019
Dobbiamo ammetterlo. Il programma, agiografico sia pure, su Riccardo Muti, appena passato su RAI3, per la serie āA raccontare comincia tuā, ĆØ un assoluto e perfetto prodotto della nostra attuale televisione con diversi pregi di una volta e nessun ādifettoā di quelli che invece oggi il mezzo propƬna ed ĆØ pure obbligato a concedere per un pubblico āincoltoā.
Chi non ha potuto vederlo in diretta o soprattutto voluto vederlo, si ricreda e segua-come abbiam fatto noi-andando a cercarlo su Rai Replay.
Non sappiamo nella lunga lista dati dai ācreditsā della trasmissione a chi fare i nostri complimenti, se alla CarrĆ , Iapino e Paloschi certamente, autori principali, certo a chi ha selezionato, approntato, costruito la messa in scena mirabilmente mescolando con astuzia il vero e il falso, quasi pirandellianamente, del Signore e Maestro con i luoghi comuni e le bizzarrie, le profonditĆ , lāaneddotica, lāameno ed il frivolo, con il pessimismo e la filosofia ed estetica e molto altro ancora.
Su tutto e tutti però (a parte lo Maessschtre) sta una portentosa ed affascinante Raffaella CarrĆ , seducente conduttrice ed ospite, di questo ābignaminoā musicale dedicato ad uno dei āpiù grandi direttori dāorchestra di tutti i tempiā (cit. CarrĆ al ventesimo secondo dallāinizio del programma).
Con una serenitĆ e compostezza ammirabile, entra e viene ammessa-chĆ©, vien precisato alla fine-i Muti non fanno mai entrare alcuno in casa loro (una casa meravigliosa ed onestamente ābellissimaā), a tu per tu col musicista a ripercorrere le tappe della sua vita umana ed artistica.
Niente di nuovo?
Più o meno: lāinconoscibilitĆ della musica, lo spettatore specialista e quello comune, lāinutilitĆ del cosiddetto critico da quattro soldi (oggi più che mai sui Social ed Internet), la solitudine alla Toscaniniā¦
SƬ, ma ciò a cui plaudiamo ĆØ proprio la realizzazione artistica e tecnica del programma, alla fine del quale la promozione e santificazione bonaria dellāillustre direttore, ti conquista e fa correre ai siti governati dai manager familiari, per lāacquisto di una biografia con āautografo a manoā (???) o altri materiali dello shop della Casa musicale mutiana.
Ma anche-va precisato dando a Cesare-una certa simpatia che ti prende in fine, pure a te, proprio a te che dello Maessschtre sempre hai detto male o hai avuto più riserve che altro, tu che al suo āMacbethā, ti infervori e gridi ābravoā con convincimento.
Dopotutto meglio un ritratto da vivo che uno post mortem.
E dunque viva Muti!
Mentre ricordiamo ad un utente che ha aperto su OC, un ātopicā titolato āMuti Opera Academy ā qualcuno ci ĆØ stato?ā, che allāinizio del programma pure Raffaella, andando in quel di Ravenna, dice che prima di andare dallo āMaessschtreā, ne approfitta per visitare Padre Dante e la bella cittĆ ā¦
ChissĆ se poi ĆØ rimasta a pranzo dai Muti o son andanti in quella pizzeria nel centro cittĆ , dove il direttore offre-a latere delle sue accademie-pizze e panzerotti pugliesiā¦
Lo jettatore allāopera (allāOpera). Di Firenze.
1 giugno 2019

Eā simpatico (talvolta) che qualcuno colga al volo la tua discussione post teatro e ti si avvicini educatamente per dire la sua, confortarti, precisarti, raccontare, correggere, approfondire, chiosare.
Però non sopporto gli jettatori, in questo caso una jettatrice (per par condicio) che si apparenta con altri che hai avuto alle spalle in sala e tenevano una linea simile.
Il mondo teatrale, dellāOpera e musicale ne ha diversi, richiama un poā le bellissime ragioni e i meccanismi drammaturgici da āUn ballo in mascheraā, o āPagliacciā, del teatro nel teatro, ove tutto si mescola, CĆ bala e Smorfia incluse.
Nello specifico che cito il punto era costituito dal concerto (ma poteva essere tutto) di Pinchas Zukerman al violino per Mozart e Brahms qui con la di lui più giovane moglie e cellista Amanda Forsyth, accompagnati (corsivo nostro e voluto) dallāamico Mehta.
Si sa che il Maestro indiano entra ora col bastone, dirige seduto, limita a due le uscite a fine concerto, le sue vicende (peraltro con esito felice, tantāĆØ che eccolo qui) sono note. Ma dietro me due vegliarde osservano: āO āome lāĆØ inveāhiatoā¦ā
La jettatrice invece ti informa che una prova del Mozart ĆØ stata sospesa per malessere di Zubin e che tutto Brahms si ĆØ retto sul lavoro di Zukerman, il quale-ci ricorda la tizia-per fortuna ĆØ anche direttore dāorchestra. ChissĆ -si chiede la ben gentile-adesso le prove di āSheherazadeā per il concerto del 2 giugno⦠Male che vada-chiosa-ci sarĆ Barenboim (suona il III di Beethoven) dirigerĆ lui (!!!): per fortuna (precisazione ulteriore) che Daniel oltre che amico di Mehta ĆØ direttore pure isso.
A poco serve notare che Mehta era stato dato giĆ per spacciato prima della sosta oltre annuale e delle terapie in America e della ripresa, con impegni giĆ stabiliti ovunque (vedi Scala nuova stagione).
Ancor meno quello che un qualunque insegnante vi farĆ osservare e cioĆØ che-sia Mozart o Brahms vedi sopra-un direttore (sia egli Karajan o Veronesi) in un concerto per solista ed orchestra sempre āaccompagnaā e che de facto ĆØ il solista a stabilire e-paradossalmente-a condurre il gioco, anche quando magari il solista ĆØ fresco di diploma. Non essendo il caso di Zukerman a maggior ragione se lui ha effettivamente retto la serata, ma non oltre quanto comunque sarebbe stato (e con esito positivo ĆØ poi accaduto). E che i pezzi sono di repertorio e noti allāorchestra.
Conclusione della jettatrice: āLei viene a sentire domenica il concerto? Mah⦠Chissà ⦠Io adesso torno al mare e poi qualcosa succederĆ ā¦ā.

UN OMAGGIO SPECIALE
17-18 GENNAIO 2019
Un rullante accecante, la percussione in crescendo e lāorchestra del Maggio, con il primo violino in piedi che conduce, attacca con vigore una versione stile āBerlinerā di āTanti auguri a teā, allāarrivo al proscenio di Re Luisi XIV, nei ringraziamenti allāultima recita dell'āOlandese volanteā.
E cantanti, coro e il pubblico (sic!) cantano concordi la celeberrima melodia che le sorelle Mildred e Patty Smith scrissero nel 1893, ignare-loro-che sarebbe diventata quel che poi ĆØ avvenuto per quelle poche, semplici note.
Guidato vocalmente dallāirruente voce della Senta di turno, Marjorie Owens, per nulla al mondo avremmo perso questa occasione e in piedi eravamo commossi come-a vederlo-era anche āluiā.
In fondo sessantāanni sono un bel traguardo, nella vita e specialmente in quella con la musica.
Più qualche balocco e profumo, ovviamente.
Lunga vita al Re!
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https://www.youtube.com/watch?v=kp2utyB4fGY
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UN ARTICOLO PARTICOLARE

23 FEBBRAIO 2019
O voi che ritenete un maestro del Novecento-ottuagenario-come non più in grado di dare ed essere quel grandissimo musicista che sempre Zubin Mehta è stato, il cui gesto e la sua chiarezza sono proverbiali, coccolato lui studente da uno dei didatti più insigni quali Hans Swarowsky (assieme a Claudio Abbado suo compagno di studi), interprete perfetto-il direttore indiano-del repertorio tutto con punte su Wagner, Mahler e Richard Strauss, ebbene, voi che dovete accontentarvi-giocoforza-di quel che passa il convento, voi-eterni schifiltosi e scontenti-accettate la realtà .
Mehta, dopo lāassenza forzata e forzosa, superata vittoriosamente la malattia, ĆØ ritornato per il preannunciato concerto del 23 febbraio al Teatro del Maggio-esauritissimo-accolto dal suo pubblico fiorentino che tanto gli ĆØ affezionato, cosƬ come la sua orchestra che-ĆØ la veritĆ nelle parole (sia pure di camerino)-tòllera appena Re Luisi XIV, superbo quanto noioso kapellmeister imposto per motivi di parte (se avesse dovuto-stile Wiener o Berliner-decidere la formazione, ben altri sarebbero stati i nomi scelti; gatta ci cova).
Il suo Bruckner ĆØ perfettamente noto e proprio qui al Maggio presentato in superbe edizioni: attuale, moderno, ieratico ma visto in chiave contemporanea. La compagine lo esegue con dovizia di accenti e perfetti interventi nella processione tipica del maestro austriaco.
Concerto dedicato alla memoria-nel centenario della nascita-ad uno dei vecchi e grandi organizzatori e promotori dello spettacolo, qual fu Paolo Grassi.
O voi che vi siete dovuti sorbire le peggio esperienze in fatto di reggitori e sovrintendenti, non ultimo il predecessore di Chiarot (questāultimo invece una mosca bianca al quale va il nostro affetto e consenso, malgrado tutto), ricordatevi dellāesperienza di Grassi-inventore non solo del āPiccoloā milanese con Strehler-ma di una luminosa stagione scaligera nella efficacia data anche dalla responsabilitĆ musicale di quel Claudio Abbado di cui ĆØ stato ricordato il quinto anniversario della dolorosa scomparsa.
Al Maggio 2019 Mehta tornerĆ altre tre volte e noi saremo con lui e per lui.
Grati e commossi per quanto ancora continua a fare per la Cultura, la Musica e Firenze!
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https://www.maggiofiorentino.com/events/zubin-mehta/
https://www.maggiofiorentino.com/event_ ⦠iorentino/
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I CONTRIBUTI ORIGINALI

INVITO ALL'ASCOLTO
Una segnalazione di ascolto e visione

11 giugno 2019
Siccome un buon "critico" deve cercare le dolenti note ovunque, specie allorquando il coro di giubilo è unanime, troverò in questa nota tutto il "male" possibile dell'evento in oggetto, non per gioco ma per metodo. Mi serviranno anche le osservazioni blasonate e meno apparse qui e là , i saggi colti e coltissimi e la mia opinione, che sia pure per sua stessa definizione personale e soggettiva (ergo fallace)-è quel che ti distingue.
E' stato gridato al miracolo (di Asmik) nella notte della prima, con cronaca di applausi deliranti e standing ovation, d'accordo, ma alla quarta recita del 7 giugno, oltre una certa scarsitĆ di pubblico, di furore da parte degli spettatori non ĆØ lecito parlare, malgrado l'applauso incautamente partito alla fine III, sul lunghissimo accordo conclusivo, nello svettare delle note acute di flauti e violini, insomma quasi come fosse il finale (I) di BohĆØme, segno di coinvolgimento degli astanti sia pure. Ma gallerie e platea si sono svuotate ben presto dopotutto, anche se i due protagonisti hanno avuto una chiamata fuori sipario dopo il II quadro.
Non che la musica e l'argomento stesso ben più che validi e seduttivi, lascino il fruitore smarrito. L'eclettismo di Korngold è palese ma gioca a suo favore e se Richard Strauss ne temeva per una possibile concorrenza pericolosa, aveva motivo. Però questa straripante opera lirica di un ventitreenne (con altri ben 4 titoli, sconosciutissimi ai più), è godibile appieno se si ha dimestichezza con e da Wagner in su, Richard Strauss ("Salome" etc.), Mahler ("Das Klagende Lied" et a.), seconda scuola di Vienna nessun assente, Debussy pure, incluso Puccini e operetta non esclusa.
Se si annotano-sul libretto o su uno spartito, a margine-le musiche non copiate ma evocate, i nomi che verranno scritti saranno quelli, ma-con puntualitĆ -toccherĆ scrivere precisamente "Korngold", quello delle future colonne sonore americane [*].
Il ragionamento di Puccini non faceva una grinza: "Tu mio caro, sei troppo bravo, più del necessario, il doppio dell'occorrente per aver notorietà e soldi: non c'è bisogno di tutta questa fatica, dai! Guarda me. Dobbiamo saper far di tutto, ma non fare (e mettere) tutto".
Tutto-invece-e a solito suo, vuole il regista Vick, che mette sempre oltre il necessario, non importa se stia facendo la "Dama di picche", o "Macbeth" o "Stiffelio": il suo trucco ĆØ di operare per addizione e moltiplicazione. Ed ĆØ-inoltre-il classico regista che se (per intendersi) ĆØ anti-cattolico, prenderĆ ogni spunto per una variazione dissacratoria sul tema oppure conforterĆ la scena di erotismo, orge, nudi, mignottismo e travestiti, senza mai dimenticare dell'immancabile citazione al Terzo Reich.
Vick non è un genio dell'opera lirica-guardatevene bene dal crederlo pure se tentano di contrabbandarvelo: è abile talvolta, ma null'altro che abile. Le cadute di gusto, diffuse, sia per ciò che sta in scena, sia per ciò che la scena vuole secondo lui mostrare, in (apparente) allineamento con la musica e la creazione originale, lo provano e in questa "Città morta" non mancano. Meno fastidiose che le sue incursioni sui titoli "classici" verdiani per esempio, data l'origine del lavoro di Korngold, ben bene infarcito degli spunti psicoanalitici doc. La musica del mitteleuropeo Erich è autentica musica contemporanea oltre lo specifico ma il teatro la fa da padrone. Così stando le cose per Vick è un invito a nozze, ma che egli sia un reale conoscitore della musica (l'affermazione si basa sul suo atteggiamento di base) è dubbio.
Rimane da dire del risultato esecutivo, con una eccellenza strumentale ed un dispiego di voci-attori di cui si è tanto detto ed è superfluo tornarvi. Il fatto è che-con quel po' di buono dell'allestimento (a modo suo persin sontuoso)-il livello (lo standard) di questa felice edizione, è eccezionale nella misura in cui in terra nostra non si è abituati a sentire e vedere, poiché varcate le Alpi, non più lontano di Zurigo (nome a caso), questo è il minimo sindacale. Ossia, in Scala si è data una cosa normale o per meglio dire, come dovrebbe essere sempre.
Ciò non toglie che la prova della Grigorian sia da minimizzare e così dell'intero cast vocale, con un eccellente Klaus Florian Vogt messo in secondo piano nelle critiche pur lodevoli rispetto alle avvenenze della bella Asmik.
La scrittura di quest'opera non risparmia niente e nessuno, ĆØ come cantare un atto di Walkiria + Tosca + Cavaliere della rosa e muoversi di conseguenza, fate voi.
Mentre raccomandiamo di ascoltare il resto della produzione teatrale e musicale di Korngold di cui sotto, e il prezioso documento foto-audio con lo stesso compositore al pianoforte che realizza una sintesi dei suoi più noti temi cinematografici.
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[*] Le altre opere liriche di Korngold:
Der Ring des Polykrates (1916)
https://www.youtube.com/watch?v=qOfzsAeq9ZQ
Violanta (1916)
https://www.youtube.com/watch?v=hZqixbEDV9g
Das Wunder der Heliane (1927)
https://www.youtube.com/watch?v=jdGvTs8EzXY
Die Kathrin (1939)
https://www.youtube.com/watch?v=dMakQ2jqrJg
Alcune opere sinfoniche:
Concerto per pianoforte (composto 1923; prima esecuzione 1924)
https://www.youtube.com/watch?v=bGulyl8bzgQ
Concerto per violino, op.35 (composto 1945; prima esecuzione 1947)
https://www.youtube.com/watch?v=wTMFgk2i7Po
Sinfonia in fa diesis maggiore, Op.40 (composta nel periodo 1947-52; prima esecuzione 1954)
https://www.youtube.com/watch?v=JEgrnh0yjaw
Un pezzo di musica da camera (su una dozzina):
Quintetto per due violini, viola, violoncello e pianoforte in Mi maggiore, op. 15 (composto nel 1920 prima esecuzione 1923)
https://www.youtube.com/watch?v=WX-3DWxS8t4
Una famosa colonna sonora:
per il film "Delitti senza castigo" (Kings Row ,1942) di Sam Wood (con Roland Reagan)
(sintesi)
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Korngold suona i suoi motivi dai film più famosi per i quali ha scritto la musica (con foto sue):
āhttps://youtu.be/kOxMuSXgl2Y
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Unāaltra Francesca (da Rimini). Antonio Bazzini
8 luglio 2019
Come noto Verdi ripeteva il refrain ālāopera ĆØ lāopera, la sinfonia ĆØ la sinfoniaā.
Per le ragioni che anche i più sprovveduti melomani sanno, lāItalia-nellāOttocento in special modo-eccelse nel teatro dāopera, ma non nel campo strumentale, sinfonico, con qualche tentativo-per lo più inefficace, pure questo ĆØ notorio-laddove tuttavia, ĆØ bene ricordarlo, in tempi coevi, oltre confine, un Mozart aveva pur scritto mirabilmente per uno e lāaltro versante e la scuola russa per esempio porgeva capolavori di alto sinfonismo e palcoscenico lirico.Puccini, āeredeā legittimo da un lato di Verdi, ma non insensibile al sinfonismo oltrāalpe, ebbe tra i suoi maestri al conservatorio un esponente di tutto rispetto quale Antonio Bazzini, bresciano, di cui si ĆØ celebrato questāanno il 200mo della nascita con un Convegno nello scorso autunno [*].
Concertista e musicista più che ammirato da Schumann e Mendelssohn che lo stimavano di fatto come libero pensatore musicale soprattutto, divenne in seguito direttore del Verdi di Milano ove insegnò a Puccini, Catalani e Mascagni (non senza significato lāelemento sinfonico presente per lāappunto in questi tre nomi e nelle loro opere liriche).Scrisse ben prima di Busoni e Puccini āTurandaā, unica propria opera lirica. Partecipò al progetto di una Messa per Rossini (1869) con il āDies Iraeā (molto bello) poi mai eseguito sino al 1988 (Verdi pure col āLibera meā utilizzato nel proprio Requiem).
Di indole schietta non esitava a chiedersi se Verdi per quel pur grande capolavoro che apparve subito āAidaā di Verdi, non fosse troppo pagato in fondo, si lagnava con Ricordi per il taglio dei Ballabili del āTellā nel 1867 per far spazio ad altro āsolito ballo in 15 attiā, avanzava dubbi sul āDon Carlosā, si lamenta di non conoscere musicisti di valore come Gounod, Massenet e Saint-SaĆ«ns (āma son tanti rari in Italia, artisti di quella tempraā) e scriveva della sua esperienza di commissario al conservatorio (1875):
āAbbiamo esaminati in tre giorni circa 40 aspiranti di composizione!! CāĆØ da morire. Credo che la gioventù diventi matta; a 20, 22, 24 anni, sapendo poco o niente, si presentano per studiare composizione. Noi esaminatori con accordo perfetto abbiamo fatto molto consumo di 5 e di 4ā¦ā
E alla mamma di Puccini dice che il ragazzo progredisce nello studio della composizione ma trascura pianoforte, estetica e drammatica, malgrado le sue esortazioni ma promette in avvenire un occhio di riguardo, se studierĆ ācon fermo proposito e adattamento ai regolamenti disciplinariā.
Il tema tanto caro ed utilizzato nel tempo in campo dal letterario al visivo, a quello musicale, del personaggio di Francesca da Rimini, interessò vivamente il Bazzini che compose un āpoema Sinfonicoā (sic grafƬa dellāAutore), ātratta dal V° Canto dellāInferno di Danteā. Lāopera nella seconda versione di Bazzini pubblicata infine come opus 77 nellāagosto 1889 a Leipzig da Fürstner [**], suscitò lāinteresse di Hans von Bulow che volle includerla in due concerti (il 18 e 19 febbraio 1889) con la Filarmonica di Berlino, davanti (la seconda sera) a 3.000 persone.
Nel girargli la composizione lāeducato Bazzini chiosava a von Bulow che temeva per la seconda parte del poema ātroppo italiana per il gusto del pubblico dei concerti di Berlinoā aggiungendo con cura: āLa musica sinfonica si giudica laggiù con criteri assai diversi da quelli per le opere teatraliā.
Al che il celebre direttore il quale accoglieva in fiducia e senza aver visto la partitura, rispondeva emblematicamente che se essa era āitalianaā tanto meglio ed anzi era proprio quella seconda parte (ossia lā Allegro impetuoso; Affettuoso con moto; Duo dāamore) che maggiormente lo interessava ed assicurava la massima cura (provata da giudizi sulla stampa locale coeva i quali parlarono di esecuzione meravigliosa).
In un appunto manoscritto a matita di Bazzini (in francese) lāintera composizione ĆØ minuziosamente descritta nellāintera propria struttura, nei temi, loro sviluppi, nellāarmonia, scelte strumentali, dāorchestrazione con i riferimenti letterari danteschi.
Scrive poi Antonio Rostagno (2008): [***]
Bazzini costruisce il brano a sezioni, con motivi ricorrenti continuamente trasformati; ad ogni sezione ĆØ apposto in āexergoā un estratto dal Quinto canto dellāInferno. Il valore di questo poema sinfonico risiede, [ā¦] nella sua giusta misura fra stile italiano e assimilazione del linguaggio internazionale, nello specifico la trasformazione motivica wagneriana.
I grandi temi rimangono con le loro lunghe campate, soprattutto nel centrale āDuo dāamoreā (dove forse non ĆØ estranea una suggestione dal secondo quadro del RomĆ©o et Juliette di Berlioz), ma gli episodi più drammatici come il gran crescendo che porta alla conclusione sono intessuti di reminiscenze motiviche.
I motivi fondamentali si possono ridurre a due, come nella tradizione del poema sinfonico lisztiano: il primo ĆØ il motivo della ābufera infernalā, dal quale discende uno dei motivi del āduo dāamoreā motivo che ricorre dal āloco dāogni luce mutoā in inizio, fino allāesplosione della ābufera infernal, che mai non restaā.
Ritroviamo infine il motivo della bufera nellāāurloā a tutta orchestra che conclude il poema sinfonico, con il quale le anime dei due sventurati amanti sono riafferrate dal turbine eterno.
(Finale di āFrancesca da Riminiā versione 1889 vedi qui: https://drive.google.com/file/d/1dtLukHe4zm0qE_QfT97w9LdnIyZqiZkH/view?usp=sharing)
Non occorre soffermarsi sul significato di alcuni particolari grammaticali che Bazzini impiega nel trattamento di questo motivo āinfernaleā; qualunque ascoltatore dāopera, soprattutto in quei decenni, riconosceva le quinte vuote, i movimenti cromatici, le raffiche sovracute degli strumentini, i timbri del clarinetto basso e [ā¦] del tam-tam, come attributi demoniaci, infernali appunto. Il āFaustā di Gounod, il āMefistofeleā di Boito e ancora il āRequiemā di Verdi ne offrono esempi assai noti. E tuttavia il modello più diretto per Bazzini credo siano stati i molti passi analoghi che Liszt scrive nella identica intenzione significativa, dal āMephisto Walzerā alla āDante-Symphonieā, dalla āFaust-Symphonieā ad āAprĆ©s une Lecture de Danteā.
Il secondo grande motivo ĆØ proprio dei personaggi e del loro dolore, quindi non dellāambiente come il primo: questo secondo ĆØ in realtĆ una costellazione di più motivi: un arpeggio ascendente, un disegno con due note ribattute: materiali semplici che continuamente possono trasformarsi ed entrare in contesti differenti, intrecciandosi con altri temi e motivi episodici, precisamente nello stile tristaniano. Ma, ripeto, non cāĆØ il frammentismo, la ālenta transizioneā wagneriana e resta invece la linea in grande della melodia italiana, che conduce lāascolto in modo sempre chiaro e immediatamente riconoscibile. (Rostagno)
Eā singolare che nello stesso anno di prima composizione del lavoro di Bazzini (1877), senza sicuramente in quel momento alcuna correlazione, Äajkovskij componesse la propria Fantasia āFrancesca da Riminiā, op.32, anchāessa cospicuamente debitrice a Wagner [****]
Il compositore russo compose il proprio lavoro dallāottobre 1876 completando la strumentazione sempre nel 1876 (gli organici sono quasi identici tra Bazzini e Äajkovskij). La prima avvenne a Mosca diretta da N.Rubinstein il 25 febbraio/9 marzo 1877 (a San Pietroburgo un anno dopo). A Berlino fu data (probabilmente come prima estera) il 2/14 settembre 1878 (Äajkovskij la diresse nel 1888, febbraio/marzo a Parigi e un anno a seguire a Berlino).
Viceversa ĆØ da notare che attorno al 1884 Bazzini rifece il poema con il finale āseccoā (come si ĆØ sin qui parlato e si potrĆ poi udire nella clip seguente). Esso fu eseguito a Bologna diretta da Giuseppe Martucci il 21 febbraio 1892. La precedente prima versione fu eseguita anche a Firenze alla fine del 1879 dallāOrchestra Fiorentina con ipotesi di replica successiva al āPaglianoā (era giĆ stata data al āVittorio Emanueleā di Torino poco prima). Una esecuzione della prima versione venne diretta da Luigi Mancinelli alla SocietĆ del Quartetto di Bologna il 1mo marzo 1885 presente lāAutore.
āUn colpo di tam-tam riporta la tormenta infernale, che accompagna gli ultimi accenti strazianti di Francesca e Paolo. Una frase allāunisono (tutti) ĆØ come il grido supremo di disperazione e dāamore dei due sfortunati; ed un solo accordo secco e fortissimo di tutta lāorchestra termina lāopera sinfonicaā.(Bazzini, note proprie manoscritte citate, in āSartoriā)
Meno wagneriana, meno ātristanianaā, più incisiva appare la versione Fürstner 1889, anche se lāaltra conserva una sua attrazione che un Puccini avrebbe raccolto.
Nella clip che ho costruito (46 minuti) ĆØ possibile ascoltare (solo audio) questo rarissimo pezzo prima nella versione del 1889 (RAI, Urbini, 1985), seguita da una esposizione (audio e video) del Professor Pierangelo Pelucchi del Marenzio di Brescia che illustra anche lo svolgimento della composizione e da ultima la interessantissima e buona proposta (audio e video) dellāorchestra āSTU.D.I.O.ā (Conservatorio di Brescia) della versione originale 1877, del 26 novembre 2018 al Teatro Sociale di Brescia.
Va notato, a correggere lāaffermazione del Prof. Pelucchi, che nel XIX secolo āFrancesca da Riminiā di Bazzini fu, sƬ, poco eseguita ma tuttavia, come dimostra la mia clip, eseguita nel 1985 (10 luglio) ai Concerti pubblici della RAI di Milano (e trasmessa subito ed ancora sul V canale della Filodiffusione e poi a RadioTre Rai), diretta da Pierluigi Urbini; unāaltra esecuzione si ebbe nello spettacolo di Maurizio Scaparro alla Rocca Malatestiana di Rimini, nellāambito della 45esima edizione della Sagra Musicale, il 23 agosto 1994, Orchestra Filarmonica della Slesia di Katowice diretta da Carl Melles.
Tutte le citazioni ed informazioni si rifanno quando non menzionato al basilare volume di Claudio Sartori Lā avventura del violino, 1978, ERI, Torino. Ricerche originali mie proprie.
[*] https://www.consbs.it/content/uploads/2 ⦠hevole.pdf
[**] https://imslp.org/wiki/Francesca_da_Rim ⦠C_Antonio)
[***] La musica per orchestra nella storia dellāItalia ottocentesca in āPolitica e cultura nel Risorgimento italiano, Genova 1857 e la fondazione della SocietĆ Ligure di Storia Patria, Atti del convegno, Genova, 4-6 febbraio 2008, pp. 22-27
[****] Valga bene questa interpretazione: https://www.youtube.com/watch?v=l0hoKI0Ak6w
Il video comparativo:
https://www.youtube.com/watch?v=HXg8gwY4vrI
altro link al video: https://www.dropbox.com/s/v65lxg6g7qc4e ⦠t.mp4?dl=0
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16 giugno 2019
Deve essere proprio vera la storia che da morti siamo tutti migliori anche agli occhi dei nemici e denigratori, muoviamo a umana compassione, e che poi chi muore giace e chi vive si dĆ pace.
Per tutta una vita-accanto, certo, alle fortune e consensi di Zeffirelli-ho sempre sentito lamentazioni per non dire ostilitĆ non solo di pancia o colore politico, verso il Maestro.
Che i suoi spettacoli fossero in fondo di secondāordine, routine, sia pure di un certo livello, ma ripetitivi, talvolta grossolani nella loro āstereotipiaā, nel loro oleografismo.
Li ho visti i suoi film e non ve ne ĆØ uno, dico uno, che mi abbia veramente interessato e commosso.
Certo, lui detestava e rimproverava i film di Pasolini (di cui ammetteva tuttavia la grandezza come poeta), film quegli altri non facili come i suoi, ma almeno la regia esisteva sul serio nelle opere pasoliniane.
Da bravo fiorentino era di molto polemico e si annetteva alcuni vizi e molte virtù, nel privato, nel pubblico, nello specifico dello spettacolo. Come ha pure rammentato Chiarot, sovrintendente del Maggio, si compiaceva dellāaver portato il Giglio per il mondo.
Si compiaceva pure di essere (diceva lui) lāerede di Visconti (che-diceva sempre lui medesimo-non era per nulla di sinistra, anzi comunista): nella realtĆ i film di Luchino sono quasi tutti dei capolavori la cui ipotetica scomparsa sarebbe una perdita per la Cultura, laddove la sempre ipotetica scomparsa delle pellicole zeffirelliane, poco priverebbe la storia del settore, salvo sāintende, come testimonianza di quel gusto calligrafico ripetuto incessantemente. Troppo ne corre.
Capace ed abile scenografo e costumista nel teatro lirico, creava ad esempio un āBallo in mascheraā alla Scala (1972) dove allāaprirsi del sipario allāinizio, la gente osservava: āSembra un quadro di Rembrandtā e sempre nello stesso allestimento, il cambio di scena a sipario alzato, sulla sala del ballo alla fine, per il caleidoscopio di luci, obbligava a facili applausi regolari da fiera.
La super-compressa āTurandotā scaligera del 1983 o la penosa incursione ne āIl lago dei cigniā sempre a Milano nel 1985, sono ricorrenti testimonianze di un limite estetico e costituzionale che sempre lo ha accompagnato-coerentemente va detto-per lāintera carriera.
La bontĆ della sua celeberrima āBohĆØmeā (1963, Vienna) ĆØ paradigmatica per quanto si ĆØ sin qui detto.
Riuscivano meglio le prove nella prosa, ma va detto che si avvaleva sempre di attori grandissimi che da soli avrebbero fatto il successo di quasi qualsiasi messa in scena.
Fiero delle sue amicizie e dei suoi gioielli (la Callas, Kleiber, i bei giovanotti e belle donne) li usava senza batter ciglio, e quando dentro essi-nel caso accadesse-poco vi era (si pensi allāattore Powell nel āGesùā)-ne utilizzava lāinvolucro esteriore per un bozzettismo sin troppo evidente.
Non parliamo nei titoli cinematografici di autentiche sciocchezze come āAmore senza fineā (1981) e āIl giovane Toscaniniā (1988) mortalmente noioso da ogni punto lo si consideri.
CosƬ, siccome prima o poi tocca a tutti e Franco Zeffirelli (RIP) aveva toccato lāinvidiabile traguardo dei 96 anni, anche lui ora se ne ĆØ andato come sāusa dire ma, se pure criticamente, dopotutto siamo qui a parlarne.

16 giugno 2019
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A Mozart piacevano le donne, ĆØ noto.
Piacciono sicuro ai programmisti del Maggio Musicale e vari responsabili più o meno, che si son dati da fare dal famoso allestimento bislacco della āCarmenā anti-femminicidio.
Ecco infatti un Mozart al femminile (preludio di studi ulteriori nel repertorio di Wolfgang-non Korngold, benchĆ© facesse Wolf di secondo nome), con direttore (o direttrice? No: colei era quella delle elementari) e pure regista del gentil sesso. Niente paura però, il Conte e Figaro erano (per stavolta ancora) un maschietto. Del resto cāĆØ sempre di mezzo Cherubino.
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Vi ĆØ una scuola di pensiero (di femminil provenienza) la quale (āscientificamenteā) ritiene il maschio abbastanza incapace ed inutile e che di maschi ne bastino giusto tre o quattro, per adempiere a un paio di cosette. Non importa se chi lo afferma sia una racchia. E comunque vi ĆØ lāaltra corrente (maschilista) che ritiene le donne siano ādellāuomo la disperazionā (Eterni dei!!!).
Nello specifico musicale si discute e ridiscute di tanto in tanto dellāimpossibilitĆ di un Karajan senza i gioielli: mai esistito in effetti e non tiratemi fuori la Dudarova chĆ© aveva i baffi!
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Per cui ecco a voi la bella Kristiina Poska, cancerina nata nel 1978 in Estonia che ha il suo buon curriculino e lavora attorno allo straordinario capolavoro assoluto di Mozart, pieno di ammiccamenti palesi al conflitto proprio tra maschi e femmine. Perfetto, verrebbe da dire.
In più cāĆØ la regista Sonia Bergamasco, capricorno doc, milanese del 1966, diplomata (per fortuna) in pianoforte al Verdi di Milano e alla Scuola del Piccolo, la quale ha lavorato con fior di registi teatrali e cinematografici, premiata parecchio.
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Io non capisco tutto questo bisogno di insistere sulla āpensataā di āNozzeā o quel che sia āal femminileā.
Quindi abbiamo sempre visto tal opera āal maschileā! Proporrei perciò una possibilitĆ bisex per giusta condicio. FĆ tela e basta. I propagandisti del āfemminil comporreā non si avvedono che rendono un pessimo servizio alla causa di non emarginare le donne, le quali non debbon stare solo in cucina. Insomma, i difensori delle donne odorano di doppiogiochismo: sono fermamente maschilisti dentro, ma tolleranti e furbescamente accondiscendenti di fuori.
Attendiamo in ogni caso un āBorisā al femminile e una āSuor Angelicaā al maschile.
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Lo spettacolo ĆØ giocato largamente per non dire del tutto quasi, sul contrasto cromatico dei bei costumi disegnati da Gianluca Sbicca laddove la regista si serve di tredici tinte diverse negli altrettanti personaggi della distribuzione, a caratterizzare i medesimi e a giustapporre, confrontare e opporre i ruoli e le azioni degli agenti. CosƬ-per esemplificare-Figaro veste (costantemente, come tutti) di un bel bordò a sottolineare il suo carattere impetuoso e deciso. Susanna di un marcato ocra che rinvia al peperino temperamento della ragazza. Il conte e sua moglie tingono di bianco, panna ed avorio, fra loro affini, a sottolineare-sāintende-il loro legame coniugale. E cosƬ via.
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Evidentemente la regista Bergamasco ha una filƬa per il verde biliardo, dal momento pure che lāatto iniziale ĆØ rappresentato proprio in una sala da gioco col tavolo deputato, mentre il colore suddetto proseguirĆ a tornare in tutti gli altri atti dellāallestimento. Giochi di ombre, luci, silhouette strehleriane specie nel finale (tricorni inclusi), pastelli e gruppi di popolani iridati non sarebbero dispiaciuti al commemorato Zeffirelli ad apertura serata), occupano una larga parte della rappresentazione.
Quel che allāinizio parrebbe solo un dettaglio, diventa invece un motivo non solo di appagamento visivo, ma verosimilmente di lavoro ideativo per la regia, seppur abbastanza compiaciuto, un poā fine a se stesso, benchĆ© certamente gradevole.
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Se questo (e qualcosāaltro) sia la versione āfemminileā dellāopera mozartiana non si potrebbe dire essa appaia travolgente. Per coloro i quali credono che il sesso debole abbia i tratti del cartoncino multicolore e risolva in superficie, il risultato soft dellāinsieme darebbe ragione.
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Una piacevole sorpresa risulta la direzione di Kristiina Poska, la quale non usa la partitura e tiene la bacchetta con la sinistra, iniziando con lāOuverture in sordina, pacatamente ma infervorandosi via via, con una gestualitĆ molto maschia, riuscendo a non pochi giochi di nuance della dinamica ed agogica, offrendo un Mozart da un lato perfettamente settecentesco, dallāaltro risultato delle riconsiderazioni posteriori della sua musica. Ne beneficia lāesaltazione di una miracolosa partitura che-come noto-in quanto a fiume melodico ed incessante virtuosismo inventivo, non ha eguali nella storia della musica, eccezion fatta forse per āCarmenā (ma Bizet era un mozartiano).
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Il cast vocale ha dato una buona prova di affiatamento e troppo lungo sarebbe fare i nomi (provvederanno i censori ufficiali a redigere lāelenco telefonico), ma dovranno essere menzionati almeno i nomi di Simone Del Savio che per la sua armonia e pastositĆ vocale e riuscita attoriale, si ĆØ meritato i consensi maggiori condivisi parimenti con Valentina Mastrangelo, ĆØ una Susanna estremamente riuscita.
In fondo lāesito assai felice della prima (malgrado i non pochi vocianti amici ed invitati del cast e produttori) prova che le maniere gentili ed aggraziate da un canto, e una robusta decisione esecutiva, possono in unāepoca di performance ed allestimenti dissacranti o iniqui, funzionare.
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https://www.youtube.com/watch?v=u72Sri6PyFA
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*https://www.maggiofiorentino.com/events/le-nozze-di-figaro-3/
27 giugno 2019
Corre usanza non leggere ciò che non aggrada, quello che si ritiene, vai!, persin demenziale, saccente, arrogante, presuntuoso e pretestuoso, polemico oltre ogni misura. Ergo-molti, qui ed altrove-hanno deciso che il bon ton non si addice a Paolo Isotta, e alla sua velenosa penna.
Il suo doppio addirittura necrologio su Zeffirelli basta ed avanza ad esemplificare [1] [2].
Non meno probante forse un altro articolo [3] ove il celeberrimo critico e musicologo riesce a condensare il proprio pensiero su tanti diversi momenti, fatti e personaggi dell'attualitĆ d'opera: la Bartoli, Pereira, il prossimo Meyer, tutti i Teatri italiani, tutti (o quasi) i politici italici, sovrintendenti doc come il beneamato Chiarot a Firenze e forse qualcun altro e qualcosa d'ulteriore, deve esserci sfuggito.
Val la pena di leggerlo, adesso e sempre. Anche perché è troppo facile liquidare con aria di sufficienza chi-devi ammettere-tecnicamente nello specifico musicale, ne sa più di te e in quanto a cultura generale ti faresti tagliare un gioiello inguinale, per riuscire ad avere il di lui eloquio.
Tanto ĆØ vero che spesso non pochi "nemici" hanno ammesso di dover essere grati al dottor Isotta, per aver in tempi pregressi, loro illuminato su aspetti della storia musicale.
In fin dei conti, lui, "Tristano", ha insegnato dal 1971 al 1994 Storia della Musica ai Conservatori di Torino e Napoli e per 35 anni ha scritto sul CdS. Diplomato con Vincenzo Vitale e in composizione con Parodi e Dionisi. Quanti di coloro che scrivono e propongono le loro osservazioni qui e là , possono vantare simili titoli, che non siano piuttosto il primo corso del Pozzoli e sei mesi di armonia elementare, più qualche grattata alla ghitarra o il "Piccolo montanaro" al pianoforte?
Del resto un vezzoso e vezzeggiato direttore in carriera pur ammettendo la canagliaggine di Isotta, tiene a precisare che "almeno lui" (rispetto ai critici della domenica) conosce la materia, tecnicamente ed esteticamente, laddove per molti di quegli altri, lo spartito rovesciato fa sempre brodo.
Omettendo qui i peggiori colpi bassi, per Paolo Isotta:
...il povero Chiarot ha cominciato a credersi la reicarnazione del maestro Siciliani e del maestro Vlad. Spiega ai direttori dāorchestra come si tiene la bacchetta in mano, come si concertano le opere, quali sono i tempi giusti nellāOtello di Rossini e nel Cortez di Spontini. Spiega ai compositori defunti (Wagner, Bizetā¦.) come si scrivono le opere, e gliele rifĆ se non sono politically correct. Non scherzo. Ha trasformato la Carmen, che finisce nel modo più tragico, con lāuccisione di Don JosĆØ da parte di lei: invece che con la morte di Carmen, ammazzata disperatamente da don JosĆØ. La tragedia dellāeros come maledizione: trasformata nel femminismo che prevale pressi i cretini, come la vendetta della sigaraia oppressa dal maschio. Un mio conoscente, regista di prima sfera, gli ha chiesto: āMa come hai potuto farlo?ā Egli ha risposto: āNon capisci che tutti i giornali del mondo parleranno di me?ā [...] Negli spazi liberi dĆ gli ordini di scuderia. [in 3].
Ve ne sarebbe a sufficienza per esiliare, bandire dalle proprie letture il suddetto censore, secondo alcuni, non sarei d'accordo tuttavia.
Eppure capacissimo l'Isotta (stai fresco) di scritture lievi e sensibilissime come quelle facilmente reperibili su Internet, vedi queste due, una di tono familiare, l'altro dedicato ad un nome eccellentissimo della Letteratura contemporanea, Andrea Camilleri [4] e [5].
Con la qual cosa si potrebbe concludere che avere una propria opinione di scartare e far finta che non esista una faccenda, sia un bene, ma tenersi informato utilissimo, sia pure a rinsaldare le proprie opinioni negative su "quello lƬ".
[1] http://www.paoloisotta.it/index.php/art ... zeffirelli
[2] http://www.paoloisotta.it/index.php/art ... ffirelli-2
[3] su "Il Fatto quotidiano" del 26.6.19 pag. 22 e poi: http://www.paoloisotta.it/index.php/articoli/260-scala
[4] http://www.paoloisotta.it/index.php/art ... ele-ghezzi
[5]http://www.paoloisotta.it/index.php/art ... -camilleri

29 giugno 2019
MacchĆ© Inno di Mameli, macchĆ©. Il nostro autentico inno esteso un poā a tutto il pianeta, forse conosciuto nel mondo a pari notorietĆ soltanto con āVolareā e āO sole mioā ĆØ quel valzeraccio da quattro soldi di Beppino.
Ma sƬ, dai, quello che si sente nellāopera che tanto piace a lo Maessschtre allāinizio del primo atto, ma che poi ti bissano post mortem della Violetta a Verona (2019), che ti propongono a Capodanno a Venezia sempre-sempre (Chung, 2019) come in tre quarti del globo, i Tre Tenores ovviamente ricordiamo (1994), il Volo in TV (2016 in memoriam dei Tenori predetti) e-i più piccolini non possono ricordarlo, ma fu cosa celeberrima-Deanna Durbin diretta da Leopold Stokovsky ad Hollywood, 1937 (la qual cosa prova che giĆ allāepoca si faceva promozione facilmente con mezzucci, efficacissimi tuttavia).
E alla Scala by Rolex (2019).
Che vuoi farci? ChissĆ quante volte ci toccherĆ ancora ascoltarlo, non tanto allāinterno dellāopera (ma non potremmo tagliarlo dunque?), ma in tutte le salse, occasioni e luoghi: magari sullāaereo che ci porta in vacanza, come la clip (3 minuti e 53 secondi) qui proposta evidenzia.
Detto altrimenti: nonnepossiamopiù.
ā
ed anche qui:
https://drive.google.com/file/d/1qPsCpV ⦠sp=sharing

Vi piace Carmen (cosƬ)? (ed.Rot)
3 luglio 2019
Presentata alla ROH tanto nei cinema tempo addietro (marzo 2018) ed ora nuovamente e in diretta su YT, ove giace per 30 giorni, la āCarmenā nella edizione critica (ca. 2013) di Michael Rot [*] ha soprattutto il finale dellāopera giustificato dal lavoro stesso di Rot [**].
Qui di seguito ĆØ riproposto, mentre lāedizione londinese integrale ĆØ al link più sotto [***].
Molto semplicemente e senza voler rinnovare le questioni attorno alle vicende di messa in scena allāorigine e poi, come delle edizioni a stampa del capolavoro di Bizet, vi piace (musicalmente e di conseguenza drammaturgicamente) tale finale?
ā
āhttps://youtu.be/tebTmCzN1iw
ā
Secondo link pari video: https://www.dropbox.com/s/9hodznldwze63 ⦠t.mp4?dl=0
* https://de.wikipedia.org/wiki/Michael_Rot
** http://www.settlingscoresblog.net/p/mic ⦠on-of.html
*** https://www.youtube.com/watch?v=ER0Cj4DP4jo


L'AFFARE CHIAROT

14 luglio 2019
15 luglio 2019

17 luglio 2019

Otto & Tito
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